L’Italia negli anni cinquanta torna a guardare al futuro con fiducia e ottimismo e vive una vera e propria rinascita culturale: design, architettura, moda, industria e cultura attivano un fitto dialogo interdisciplinare per inventare un Paese che non ha più paura di immaginare. In architettura il rigore razionalista incontra le proiezioni verticali, le linee curve, le leggere geometrie del vetro e l’acciaio. L’aria che si respira ha il seducente profumo dell’America di Frank Lloyd Wright, Eero Saarinen e Ludwig Mies Van Der Rohe. A Milano questo vento colpisce personaggi come Gio Ponti che si stacca definitivamente dai retaggi classicheggianti per dare vita al Grattacielo Pirelli e lo studio BBPR che crea la Torre Velasca. Un vento che non lascia indifferente neanche Osvaldo Borsani. Nel 1953, insieme al fratello Fulgenzio, dà vita a Tecno: una casa per un nuovo concetto di design in cui la perizia dell’artigiano incontra l’orizzonte della tecnologia e della produzione su vasta scala. Il risultato di tutto ciò sono i prodotti-icona che hanno definitivamente fissato l’impronta di Osvaldo Borsani nella storia del design. Si chiamano P40, D70 e L77. Oggetti senza tempo che dagli anni ’50 e dall’Italia sono confluiti nelle più importanti collezioni museali all’interno di strutture del calibro di MoMa, Centre Pompidou, Victoria and Albert Museum.